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PENA DI MORTE IN GIAPPONE: MOVIMENTO ABOLIZIONISTA

I VENTI ANNI DI FORUM 90 - 19 dicembre 2010 a Tokyo -

Vent'anno fa naceva una grande coalizione delle associazioni abolizioniste in Giappone: Forum 90. Nel dicembre scorso, si sono riuniti gli attivisti, giovani e meno giovani, per rinnovare il loro impegno.
Yukari Saito

  20 anni di Forum 90 1

Avvenne nel 1990 la nascita di Forum 90, una rete giapponese di associazioni e di cittadini impegnati per l'abolizione della pena di morte nel Paese.

Dicono che circa 1400 o 1500 persone parteciparono all'evento, che ebbe luogo nel Tokyo Metropolitan Hibiya Public Hall, a pochi passi dal palazzo imperiale e da Ginza, storico quartiere commerciale della capitale. 

E nel medesimo luogo, 20 anni dopo, esattamente lo scorso 19 dicembre, si sono riuniti 1852 cittadini per rinnovare l'impegno. Il numero così preciso, annunciato dalla segreteria di Forum 90, si riferisce ai biglietti d'ingresso raccolti, ma i giovani sotto 26 anni potevano entrare anche senza il biglietto.

Infatti, malgrado la temperatura gelida di una domenica grigia, l'auditorium con duemila posti si è riempito presto, molto prima dell'inizio della conferenza alle 14 e 30, ed è rimasto sempre abbastanza pieno tutta la durata di oltre 5 ore fino a poco prima delle 20. 

"Non ci aspettavamo una partecipazione così massiccia", dicevano gli organizzatori e i volontari, felicemente indaffarati a far accomodare i convenuti arrivati in ritardo.

"C'ero anche 20 anni fa, e non potevo mica mancare a quest'occasione, benché le mie gambe non reggono più", confidava alla reception una signora molto anziana che dice di essere venuta da una provincia lontana.

 

"Alla nascita di Forum 90, molti di noi erano abbastanza ottimisti, credevamo che  l'abolizione della pena capitale in Giappone sarebbe avvenuta in 5 anni", ricorda Akira Ishikawa, conduttore della manifestazione per il ventesimo anniversario che, all'epoca, lavorava nella sezione giapponese di Amnesty International. "Anche perché eravamo nel periodo della sospensione delle esecuzioni, durato per 3 anni e 4 mesi fino al marzo 1993 - finché un convinto sostenitore del patibolo non venne nominato come ministro della giustizia."

"Nonostante il numero dei paesi abolizionisti nel mondo abbia continuato a crescere, da 88 del 1990 a l39 di oggi", ribadisce Ishikawa, "il Giappone resta tra i soli 18 paesi rimasti nei quali sono avvenute esecuzioni nel 2009, perché, secondo il ministero, la pena capitale è una pena considerata indispensabile da più dell'ottanta percento dell'opinione pubblica".

L'evento del 19 dicembre aveva un programma molto ricco: numerose testimonianze degli esponenti di spicco dei movimenti, giapponesi e sudcoreani, tra cui due ex condannati a morte e un ex ergastolano: Menda, Akabori e Sugaya, tutti e tre dichiarati innocenti dopo decenni trascorsi dietro le sbarre; non mancavano nemmeno i rappresentanti delle associazioni delle vittime dei crimini, i religiosi, i giornalisti e qualche diplomatico straniero.

La sala echeggiava ogni tanto di risate allegre e degli applausi scroscianti, scappava perfino qualche battuta spiritosa lanciata dalla platea agli oratori.

E fuori dalla sala, c'erano numerosi banchetti delle associazioni abolizioniste venute da varie parti del Giappone: esponevano le loro attività e si scambiavano le informazioni.

Tra un intervento e l'altro, ci sono state anche le performance musicali e teatrali:  il complesso musicale Shang Shang Typhoon ha suonato vari pezzi mentre l'attrice Kanda Kaori si è esibita con un racconto satirico su un caso molto noto e discusso di condanna a morte.

A concludere la manifestazione c'è stata una tavola rotonda moderata dall'avvocato Yoshihiro Yasuda, l'animatore di Forum 90, difensore instancabile dei  casi più disperati. Vi hanno partecipato Otohiko Kaga, scrittore e psichiatra di fama internazionale per i suoi studi sui condannati a morte, Chinatsu Nakayama, scrittrice e attivista per i diritti umani e un giornalista documentarista Tatsuya Mori.

In seguito, riportiamo un riassunto di alcune testimonianze di particolare interesse.

 

* * * * *

 

Hideko HAKAMADA (sorella di Iwao Hakamada, condannato a morte, in carcere da 44 anni ma presumibilimente innocente; sul  suo caso, di recente, è uscito un film "BOX, il caso Hakamada):

"Sono andata a trovare mio fratello 3 giorni fa, ma non sono riuscita a vederlo perché dallo scorso luglio egli rifiuta ogni visita, come gli succedeva alcuni anni fa. Sta poco bene sia di salute fisica (per la pressione alta) sia di quella mentale. Io credo che ciò sia dovuto a uno shock provocatogli dalle ultime esecuzioni firmate dall'ex ministro Chiba, visto che fino a luglio, siamo riusciti a vederlo per un paio di anni, dopo aver passato un lungo periodo di crisi".

 

Megumu SATŌ (ex ministro della giustizia):

"Fu nel 1990, lo stesso anno che nacque Forum 90, che divenni il ministro della giustizia. Durante il mio incarico ricevetti una richiesta di firmare l'ordine di esecuzione di due condannati a morte. Benché non avessi l'intenzione di firmarlo in base al mio credo personale, dedicai due settimane per leggere e esaminare una montagna di documenti, tutti gli atti processuali riguardanti i casi sin dal primo grado. E, infine, respinsi la richiesta. Era così evidente che l'impiccagione era inammissibile per la nostra Costituzione che proibisce la tortura e la pena crudele. Se l'abolizione non fosse possibile subito per la difficoltà di convincere l'opinione pubblica, si doverebbe almeno sospendere le esecuzioni".

 

Masao AKABORI (ex condannato a morte per il caso Shimada; provata la sua innocenza, ha riacquistato la libertà dopo 34 anni e 8 mesi di carcere):

"....ho vissuto per anni lottando contro il terrore di non sapere quando poteva arrivare il mio ultimo giorno, e nel carcere, ho dovuto vedere 28 persone mandate a morte. .... Non dimenticate, per favore, che ancora oggi, ci sono altre persone che vivono la stessa situazione che ho vissuto io".    Akabori

 

PARK Byoung Sik (docente di Facoltà di Giurisprudenza di Dongguk University, Seul, Corea del Sud):

"Anche 20 anni fa ero qui. Ero venuto in Giappone per studiare la legge. Tornato in Corea del sud nel 1993, mi ero impegnato per la battaglia contro la pena di morte nel mio paese, ma ci fu un massacro nel 1997: furono giustiziati 23 condannati, tutti  contemporaneamente. Da allora, però, in Corea c'è una moratoria. Invece, in Giappone, che per me è stato un maestro dell'abolizionismo, cosa succede? Sto perdendo la faccia con i miei concittadini!

Voi potete immaginare il vostro paese senza la pena capitale? I sostenitori della pena di morte hanno, probabilmente, paura di immaginarlo pensando all'aumento della criminalità. Eppure, in Corea per 13 anni senza esecuzioni, non è che abbiamo avuto  problemi di sicurezza. E, per quanto riguarda l'opinione pubblica, circa il 70 percento è a favore della pena capitale contro il 30 percento abolizionista. Ma, c'è un fatto assai curioso: se si  rivolge le stesse domande ai ragazzi delle scuole medie, si ottiene un risultato esattamente capovolto: il 30 percento a favore contro il 70 percento che non vuole la pena di morte. Grazie ai 13 anni senza le esecuzioni, i nostri ragazzi non la ritengono indispensabile.

Ho vissuto 9 anni e 4 mesi in Giappone e so benissimo quanto sia immensa l'umanità della gente di questo Paese. Sono sicuro, quindi, che con la vostra umanità riuscirete a abolire la pena di morte".

 

Hirotami MURAKOSHI (deputato del partito democratico, segretario del gruppo parlamentare per l'abolizione della pena di morte):

"Il nostro gruppo ha due obiettivi per l'anno 2011:

portare una modifica sulle leggi riguardanti la giuria popolare, affinché per emettere una sentenza di condanna a morte venga richiesta l'unanimità nella giuria. 

L'altro obiettivo è salvare il sig. Hakamada dal braccio della morte e riportarlo tra noi.

Ma, lo sforzo di noi parlamentari non sarà sufficiente per realizzarli; affinché si abbandoni il ragionamento emotivo che fa considerare la pena capitale una pena indispensabile, è necessario il vostro sostegno".    

 

Chinatsu NAKAYAMA (scrittrice, attrice, attivista per i diritti umani, senatrice dal 1980 al 86; è stata la prima candidata parlamentare a dichiarare nella sua campagna elettorale di voler lottare per l'abolizione della pena capitale):

"Il mio abolizionismo si basa su una convinzione estremamente semplice: l'uccisione in nome della giustizia è la peggiore forma di omicidio. Perciò sono contro la pena di morte così come sono contro la guerra.

La difficoltà del nostro movimento, secondo me, sta in un fatto: nessuno dedica attenzione sufficiente alla pena di morte.

Perché?

Perché i diritti umani non possono essere l'argomento più urgente e pressante per la maggior parte dei cittadini. I diritti umani sono la questione più distante dallo stomaco.

D'altronde, i diritti umani non possono aspettare l'opinione pubblica. Se si fosse aspettato, le donne non sarebbero mai uscite dalla cucina!

Allora, a chi dovrebbe toccare pensare al problema della pena di morte? Dovrebbe toccare agli intellettuali, liberi dai problemi della sopravvivenza quotidiana.

Ma, purtroppo, i nostri intellettuali sono poco interessati, poco sensibili alla questione, perché sono molto distanti dalla vita degli essere umani comuni, "ignoti" o "ignoranti", coloro che vengono facilmente coinvolti nelle situazioni che hanno a che fare con la pena di morte. A me non resta che continuare a lanciare l'appello". 

da destra Chinatsu Nakayama, Tatsuya Mori e l'avv. Yasuda

 

Tatsuya MORI (scrittore, regista documentarista, giornalista):

"Forse sono tra quelli che hanno avuto maggiori esperienze di dialogo con i sostenitori della pena di morte; ma, devo dire che più parlo con loro, meno capisco il bisogno di giustiziare i criminali.

Dunque, perché non viene abolita la pena capitale in Giappone?

Innanzi tutto, perché mancano le informazioni. La maggior responsabilità ce l'hanno i media. Sotto quest'aspetto, il Giappone è molto diverso dagli Stati uniti.

Per esempio, i media hanno parlato dell'apertura del luogo di esecuzione dell'estate scorsa come della prima in assoluto nella storia; il che non è affatto vero. Ma, i giornalisti non fanno che sostenere il tentativo delle autorità di occultare le informazioni alle quali i cittadini hanno diritto.

Già della stessa apertura, si dice che è stata concessa per iniziativa del ministro della giustizia (Chiba), che ha voluto far conoscere la realtà della pena di morte. Ma, diamine! Non doveva essere compito dei giornalisti pretendere che venisse mostrato al pubblico?

È una questione molto importante; perché, se negli Stati uniti la modalità delle esecuzioni è passata dall'impiccagione all'iniezione letale (benché si tratti sempre di uccidere,  è un po' meno crudele), a fare ciò è stata proprio la diffusione delle informazioni sulla realtà della pena di morte.

Un altro grosso ostacolo per l'abolizione è stato la vicenda della setta Aum del 1995. La setta è stata descritta come simbolo del male assoluto e questo ha dato un colpo duro e fatale al nostro movimento portando una serie di retrocessioni notevoli riguardo le leggi che difendevano i diritti dei cittadinie. La vicenda degli attentati nella metropolitana è stata il nostro 11 settembre.

Il diffuso senso di insicurezza creatosi da esso e da altre vicende, però, non ha un riscontro nella realtà: la criminalità nel nostro paese continua a diminuire costantemente. In Giappone, chi muore di omicidio è numericamente meno delle vittime delle vespe.

Otohiko Kaga   

Otohiko KAGA (scrittore psichiatra; si dice che la lettura della dissertazione del suo  dottorato preparata presso un'università francese rafforzò la determinazione dell'impegno del ministro della giustizia Robert Badinter a abolire la pena di morte in Francia):

"A persuadermi della necessità di abolire la pena di morte sono state le mie esperienze da psichiatra in carcere: ho visitato un centinaio di condannati a morte quando facevo il medico nella casa di detenzione di Tokyo.

A me capita spesso di essere interpellato dai giornalisti stranieri; mi chiedono perché i giapponesi non rinunciano alla pena di morte. Confesso di non essere ancora riuscito a trovare una risposta davvero convincente.

Il Giappone ha avuto nel medioevo una storia lunga diversi secoli senza esecuzioni. Invece, i telefilm di ambientazione storica più seguiti sono sempre quelli dei tempi dei samurai, che in nome della giustizia uccidono con tanta facilità. E sembra che molti concepiscano la vendetta nei termini di giustizia, addirittura dei diritti umani. Lo stesso vale anche per la pena di morte.

Eppure, se la gente conoscesse la realtà della pena, non avremmo l'ottanta percento dell'opinione pubblica a suo favore.

A proposito del processo contro il leader della setta Aum, presunto responsabile degli attentati con il gas nervino del 1995, che hanno reso molto difficile la battaglia abolizionista, ho visitato personalmente Shōkō Asahara, ed è risultata estremamente evidente la gravità del suo stato dal punto di vista psichiatrico. Ma, i tribunali, in fretta e furia, l'hanno definito sano di mente, quindi punibile. Vogliono giustiziare l'uomo al più presto possibile per poter chiudere il caso.

Tuttavia, io ritengo che il Giappone abbia verso il mondo il dovere di chiarire tanti misteri che ancora avvolgono queste vicende".

 

 

Yō HENMI (giornalista, scrittore; oratore principale della giornata):

"In questi 20 anni, nelle nostre case di detenzione sono stati giustiziate 84 persone. Sono davvero tante, secondo me. Certo, il numero delle persone uccise fuori è diverse volte maggiore. Ma, non vedo alcuna differenza tra l'uccisione di un essere umano che avviene nella società e quella eseguita dallo Stato con tanta razionalità e crudeltà.

Il colpo più duro per me è rappresentato dalle due esecuzioni dello scorso 28 luglio, effettuate con il beneplacito di un ministro della giustizia che dell'abolizione della pena capitale faceva una delle sue bandiere nella battaglia politica, sia come avvocato che come deputata socialista.

Sono rimasto davvero allibito, perché Keiko Chiba è stata sempre una eloquente sostenitrice di tutti i più belli ideali della giustizia: dal diritto di voto dei residenti stranieri alla chiusura del porto di Yokosuka alla portaerei nucleare statunitense; naturalmente, è stata un'esponente di spicco dell'abolizione della pena capitale. Eppure ha firmato.

Allora, che giustizia era quella che ha sostenuto per anni? mi domando. Come è stato possibile tradire così le proprie promesse? Anzi, dobbiamo domandarcelo tutti. Eludendo questo interrogativo il nostro abolizionismo non riuscirà mai a ripartire.

Anche se nessuno dei media ha voluto riferire, secondo fonti attendibili, uno dei due giustiziati del luglio scorso era una persona sulla sedia a rotelle. Ma, una sensibilità umana normale riesce davvero a sopportare l'impiccagione di un anziano handicappato?   Eppure, la signora Chiba, nonostante il suo abolizionismo dichiarato, è riuscita a sopportarlo.

Lo Stato e la politica rinunciano difficilmente al potere sulla morte, mentre un politico difficilmente riesce a mantenere la propria integrità umana e gli è così facile, invece, confondersi con essi. Ed è andata probabilmente così per la Chiba.

Ma, anche noi, dobbiamo essere molto attenti con questo genere di meccanismo che potrebbe scattare dentro di noi. Perché bisogna sapere che lo Stato, la Patria, e anche grosse organizzazioni sono una specie di miraggio, capace di illuderci e alterare la nostra umanità. Ed interrogarci sul perché delle esecuzioni firmate dalla Chiba potrebbe servire proprio a difenderci da questo miraggio.

L'Unione Europea è riuscita a bandire la pena capitale. Tuttavia, la sostanza della sua politica sull'immigrazione e sui poveri non sembra equiparabile alla pena capitale benché  resti "invisibile"? Voglio dire che l'abolizione del patibolo non elimina automaticamente il meccanismo della pena di morte che resta furtivo. Certo, è importantissimo abolire la pena nell'ordinamento giuridico, ma, è ancora più importante coltivare la sensibilità e l'intelligenza che la rifiuta. Chissà come mai il Giappone, che ama imitare l'occidente  per ogni cosa, non voglia fare lo stesso per la pena di morte.

Per quanto riguarda il nostro paese, credo che noi cittadini, accettando la pena di morte, stringiamo tacitamente una specie di patto oscuro con lo Stato. Cioè, i cittadini hanno un interesse comune, inespresso e innominabile: affidare, o meglio scaricare sullo Stato un compito troppo scomodo e ingrato, che noi non riusciamo a sopportare perché uccidere un essere umano è così insopportabile.

Finché ognuno di noi non riesce a rompere questo patto, la pena capitale non verrà abolita.

Ma, finché ci sarà questa pena, noi non conquisteremo mai la libertà individuale di cittadini".

 

                                                                Yukari Saito

inviata dal centro di documentazione

Note: Forum 90 (in giapponese)
http://www.jca.apc.org/stop-shikei/
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